Oh Benares, beautiful place!

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Where are you going?”
Varanasi
Oh! Benares…beautiful place.”
Have you ever been there?
No, maybe I’ll go there when I’ll die
Comprendo subito il senso di tale risposta.
Varanasi è una delle città più antiche del mondo e uno dei siti più sacri dell’India.
Secondo l’induismo l’unico posto della terra in cui gli dei permettono agli uomini di ottenere la moksha, cioè la liberazione dall’eterno ciclo delle reincarnazioni, è la riva occidentale del Gange a Varanasi ed è per questo nel corso dei secoli milioni e milioni di induisti sono venuti a morire qui. Ed è sempre nel fiume Ganga a Benares che ogni induista desidera che vengano sparse le proprie ceneri.
Arrivata nella città sacra mi immergo nei suoi flussi, rimango ore seduta ad osservare quello che mi circonda: qui, i rituali più intimi di vita e di morte si svolgono sotto gli occhi di tutti.
La vita di Varanasi ruota intorno ai ghat, la lunga fila di scalinate che scendono all’acqua sulla riva occidentale del Gange. Il momento migliore per visitarli è l’alba, quando il fiume è avvolto da una luce soffusa e i pellegrini vengono a eseguire la puja (offerte o preghiere) al sole che sorge. Sono circa 80 i ghat lungo il fiume ma il gruppo principale è quello dell’Assi Ghat.
Si tratta di una passeggiata eccezionale che permette di unirsi all’affascinante mescolanza di persone che vanno al Gange non solo per il bagno rituale, ma anche per lavare i vestiti, per fare yoga, presentare offerte, vendere fiori, farsi fare un massaggio, lavare i bufali, far progredire il proprio karma facendo l’elemosina ai mendicanti o semplicemente per fare un giro.
Raggiungo il Manikarnika Ghat, il ghat principale per le cremazioni detto anche “Burning Ghat”. Qui le pire per la cremazione ardono 24 ore su 24. L’odore è forte, lo scoppiettio della legna è l’unico rumore di sottofondo. L’aria è densa, grigia e inviolabile. Si respira la sacralità del rito e il rispetto verso l’essere umano. Scorgo un piccolo gruppo di persone intorno ad un fagottino bianco: la madre, composta e solenne, saluta suo figlio venuto al mondo poche ore prima. Il padre si allontana su una barca e, una volta al largo, lo rilascia tra le acque del fiume.
“Chi ama l’India lo sa: non si sa esattamente perché la si ama.
E’ sporca, è povera, è infetta; a volte è ladra e bugiarda, spesso malodorante, corrotta, impietosa e indifferente.
Eppure, una volta incontrata non se ne può fare a meno.
Si soffre a starne lontani.
Ma così è l’amore: istintivo, inspiegabile, disinteressato.
Innamorati, non si sente ragione; non si ha paura di nulla; si è disposti a tutto. Innamorati, ci si sente inebriati di libertà; si ha l’impressione di poter abbracciare il mondo intero e ci pare che l’intero mondo ci abbracci.
L’India, a meno di odiarla al primo impatto, induce presto questa esaltazione: fa sentire ognuno parte del creato.
In India non ci si sente mai soli, mai completamente separati dal resto. E qui sta il suo fascino.” (Tiziano Terzani)
Post scritto dalla tata collaboratrice Rossana Gambardella

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Published by
Elisa e Luca

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